Assolutamente proibita, universalmente praticata 

La Tortura nel mondo

“Chi uccide o tortura non conosce che un’unica ombra alla propria vittoria: non può sentirsi innocente.” (Albert Camus, L’uomo in rivolta, 1951)

La tortura è diventata una questione di rilevanza mondiale: oggi più di 150 paesi ne denunciano la pratica.Il diritto a non essere torturati e a subire quindi trattamenti o punizioni crudeli, disumani e degradanti è probabilmente il diritto umano più saldamente protetto dal diritto internazionale. Un atto di tortura è considerato reato ai sensi del diritto internazionale, questo significa che, almeno per i 155 stati che hanno ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 1984 i rispettivi governi devono considerare reato la tortura, indagare in modo approfondito e imparziale su qualsiasi denuncia relativa e perseguire i responsabili ogniqualvolta ci siano prove sufficienti. La tortura viene simbolicamente associata a un mondo di dittatori e oppressori. Invece la tortura sempre più si pratica in nome dello stato d’eccezione proclamato da governi democratici.  Infatti, bene il 60% dei paesi democratici che hanno firmato la convenzione ONU contro la tortura del 1984 continuano ad applicarla come mezzo di coercizione, interrogatorio e manipolazione e metà della popolazione mondiale vive sotto governi che la praticano.

La dimensione globale della tortura 

Non è possibile fare una valutazione globale e statistica assoluta della dimensione della tortura nel mondo. La tortura avviene nell’ombra.  I governi spesso s’impegnano di più a negare o nascondere l’esistenza della tortura che a indagare in modo efficace e trasparente sulle denunce e a perseguire i responsabili.  Nonostante ciò, le ricerche e le prove raccolte rilevano che la tortura nel mondo è tutt’oggi molto diffusa : in tre quarti dei paesi del mondo si verificano episodi di torture e di maltrattamenti . 

Tra il gennaio 2009 e il marzo 2014, sono state registrate denunce di tortura e altri maltrattamenti commessi da funzionari statali in 141 paesi, in ogni regione del mondo.  Questo dato si riferisce solo ai casi conosciuti e riferiti all’organizzazione e non riflette necessariamente la portata totale della tortura nel mondo.

Africa sub sahariana 

La tortura è diffusa in tutta la regione, anche grazie al fatto che oltre 30 paesi – tra cui Angola, Ciad, Gabon e Sierra Leone – non la puniscono per legge, nonostante ciò sia espressamente richiesto dalla Carta africana dei diritti umani e dei popoli.

All’interno delle carceri, la tortura è un fattore endemico. L’idea che la tortura durante gli interrogatori sia un mezzo per estorcere informazioni è profondamente radicata nella cultura delle forze di sicurezza di molti paesi, tra cui Etiopia, Gambia, Kenya. I detenuti vengono regolarmente picchiati, obbligati a rimanere in posizioni dolorose, sospesi al soffitto, sottoposti a violenza sessuale ed esposti a condizioni climatiche estreme. In Mauritania, i tribunali hanno persino stabilito che le confessioni estorte con la tortura hanno valore di prova, anche quando vengono ritrattate.

Nei paesi in cui l’omosessualità è un reato, come Camerun e Zambia, persone sospettate di esserlo vengono sottoposte a varie forme di tortura, incluse le perquisizioni anali forzate. Nel 2013, in Sudafrica, i detenuti della prigione di massima sicurezza di Mangaung hanno denunciato di essere stati sottoposti a pestaggi e a scariche elettriche. Mangaung è un centro di detenzione privato allora diretto dalla compagnia britannica G4S, che ha annunciato un’inchiesta.

La tortura è praticata abitualmente nei conflitti interni, anche da parte di gruppi armati di opposizione, nella Repubblica Centrafricana, nella Repubblica Democratica del Congo, in Sudan e nel Sud Sudan ed è ancora diffusa nei paesi dove si sono recentemente chiusi sanguinosi conflitti, come la Costa d’Avorio e il Mali.

Asia – Pacifico

Cina e Corea del Nord sono tra i peggiori responsabili dell’uso della tortura, diffusa comunque in tutta la regione, dove l’assenza di giustizia è la regola. In Indonesia, Mongolia e Nepal non è previsto il reato di tortura.

Europa – Asia centrale 

La tortura rimane diffusa in tutta la regione, soprattutto nei paesi dell’ex Unione sovietica; in Bielorussia, l’unico paese europeo a mantenere la pena di morte, “confessioni” estorte con la tortura sono state usate come prove in processi terminati con la condanna dell’imputato alla pena capitale. Nella maggior parte dei paesi dell’Unione europea, la tortura e gli altri maltrattamenti sono relativamente rari ma quando si verificano accade spesso che gli autori rimangano impuniti o ricevano condanne di entità inferiore alla gravità dell’atto commesso. Così come nei paesi dell’area balcanica, negare le responsabilità delle forze di polizia è una reazione automatica. 

Americhe 

La regione può vantare alcuni dei migliori e più efficaci meccanismi nazionali e interregionali per la prevenzione della tortura. Tuttavia, questa rimane diffusa e i responsabili vengono raramente chiamati a rispondere delle loro azioni. 

In Messico, i casi di tortura sono aumentati a partire dal 2006, nel contesto della lotta del governo contro il crimine organizzato. Molti arresti sono stati eseguiti senza mandato, in presunta flagranza di reato anche se le vittime non avevano alcuna relazione diretta con un reato o con la scena di un reato. Nella maggior parte dei casi, si è trattato di persone povere e appartenenti a comunità emarginate, dunque con poche possibilità di ricevere assistenza legale e col rischio elevato di essere torturate.

Messico: ‘Non mi era mai passato per la mente che avrei potuto essere torturata’

L’attivista messicana per i diritti umani Italia Méndez, racconta che  alle 6 di mattina del 4 maggio 2006 la polizia fece irruzione nella casa in cui era ospitata.

La tirarono per i capelli, la spinsero contro un muro e iniziarono a picchiarla. Le chiesero cosa facesse ad Atenco. Rispose che era un’attivista per i diritti umani. Allora, il funzionario di grado più alto disse agli altri: ‘Merita un trattamento speciale!

Mi colpirono alla testa con un pezzo di legno, poi mi coprirono il volto e mi caricarono su un pullman. All’interno c’era odore di sangue e gente che gridava di dolore, uno sopra all’altro. Mi fecero camminare sopra agli altri fino a quando pensai di essere arrivata alla fine del pullman. Allora mi tirarono giù e presero di nuovo a picchiarmi e a strangolarmi. Poi mi stuprarono. Non potevo credere a quello che stava succedendo. Mi violentavano e mi costringevano a fare apprezzamenti sessuali verso di loro. Dicevano che mi avrebbero ucciso. Continuarono a picchiarmi selvaggiamente fino a quando senti qualcuno dire ‘ora smettetela’‘.

Il pullman arrivò alla prigione di stato. Italia fu portata nella sala mensa dove si trovavano 47 donne, arrestate nel corso della precedente manifestazione. Italia venne rilasciata su cauzione dopo 10 giorni e incriminata per ‘attacco alla viabilità pubblica e ai mezzi di trasporto’. 

Da allora, Italia e altre 10 donne sopravvissute alla repressione della polizia di quel 4 maggio, hanno denunciato a ogni livello il trattamento subito. In otto anni di lotta, hanno ottenuto l’incriminazione per stupro di due agenti ma tutti gli altri, compresi i funzionari di grado più elevato, continuano a evadere la giustizia.

 

Filippine: ‘Il mio corpo tremava, non riuscivo a controllarlo’

Loretta Rosales è stata arrestata da due uomini in borghese dei servizi di sicurezza, perché attivista dei diritti umani negli anni Settanta contro il regime di Ferdinando Marcos.    

Ero terrorizzata. Sapevo che cercavano proprio me. Quando mi portarono all’interno di quell’edificio, dalle urla che si sentivano capii che eravamo entrati nella stanza delle torture. Uno degli agenti disse: ‘Nessuno sa che sei qui, quindi possiamo farti tutto quello che ci pare’‘. Cominciarono a urlarle domande, poi le fecero colare la cera bollente di una candela sulle braccia, la soffocarono con una cinghia e la sottoposero al semi-annegamento. ‘Cercavo di rimanere cosciente, era quello il mio modo di resistere. Poi, però, iniziarono le scariche elettriche, la cosa più dolorosa. Il mio corpo tremava, non riuscivo a controllarlo. Non avevo più il controllo del mio corpo‘.

La famiglia di Loretta aveva conoscenze tra i militari e così tornò in libertà dopo pochi giorni. Loretta non ha mai smesso di agire contro la tortura e ora dirige la Commissione sui diritti umani delle Filippine, l’istituzione nazionale sui diritti umani del paese. Quarant’anni dopo e nonostante l’entrata in vigore, nel 2009, di una legge contro la tortura, non ci sono grandi passi avanti. La tortura continua a essere usata di frequente.

 

Sitografia:

https://www.amnesty.it/universalmente-proibita-universalmente-praticata-la-tortura-nel-mondo/

http://www.ristretti.it/areestudio/disagio/associazioni/tortura_nel_mondo.pdf

https://www.amnesty.it/la-tortura-nel-2014-storie-di-orrore-moderno/

https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09/08/siria-le-voci-nel-buio-delle-7mila-donne-torturate-nelle-carceri-di-assad-serve-processo-per-crimini-contro-lumanita/3836206/

 

 

approfondimento curato dalla 4B

 

 

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