“La storia grande nella vita delle persone è una storia piccola. Un gesto, una scelta naturale. Io per tantissimi anni non mi sono resa conto di quello che mi fosse successo.” (Franca Viola).
È il 26 dicembre del 1965 e ad Alcamo, in Sicilia, una ragazza di diciassette anni di nome Franca Viola riceve una visita dal figlio di un boss, Filippo Melodia. Lei, non ancora maggiorenne, si era già promessa a Giuseppe, un amico di famiglia. Melodia però arriva con dodici uomini intenzionati a rapire lei e il fratellino Mariano di soli otto anni. Mariano e Franca rimangono rispettivamente due e sei giorni all’interno di un casolare. L’adolescente subisce ripetutamente abusati di natura sessuale, mentre il fratello viene lasciato libero.
In Italia in quegli anni vigeva un articolo nel Codice Penale, il 544, che sanciva che il reato di sequestro di persona e di violenza carnale poteva essere estinto con il matrimonio. La ragazza avrebbe dovuto sposare quindi Filippo, il suo rapitore, ma decide di rifiutare il cosiddetto matrimonio “riparatore”, dicendo che “l’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce”. Non solo rifiuta, ma denuncia ciò che le è successo. Nel 1966 inizia a Trapani il processo verso gli aggressori, e tutti vengono condannati.
Franca, emblema della forza femminile e dell’importanza di sapersi ribellare dinanzi alla violenza di genere, diventa quindi la prima donna ad opporsi a tali nozze. Oggi la Signora Viola è sposata con Giuseppe; ha figli, nipoti, e Papa Paolo VI è stato presente al suo matrimonio. Una lezione importante per tutte le donne, un primo mattoncino che ha dato la sveglia al nostro Paese, un esempio da seguire per tutte.
“Non fu un gesto coraggioso. Ho ascoltato il mio cuore, il resto è venuto da sé. Oggi consiglio ai giovani di seguire i loro sentimenti; non è difficile. Io l’ho fatto in una Sicilia molto diversa; loro possono farlo guardando semplicemente nei loro cuori”.
Serena Citriniti 5A