Prima che suoni la campanella, 20 novembre

Guardo fuori dalla finestra: stamattina il cielo è davvero plumbeo. E piove. Del resto è novembre e l’autunno dispiega le sue giornate sulla pianura alternando nebbia, qualche sprazzo di sole, pioggia e una generale tendenza al grigio che fa tristezza.

Ma non ho molti minuti da dedicare al meteo: alle 7.45 ho un appuntamento fisso e il caffè (rigorosamente d’orzo a questo punto della mattina) già gorgoglia nella scassata orziera Bialetti che anni fa mi ha regalato Anna Laura. 

Eccomi, sono pronto: cucchiaino di miele nell’orzo, click su calendar, clik per zittire la rassegna stampa internazionale che fa da sottofondo con RaiNews24, ed ecco che si apre meet.

Prima che suoni la campanella

La stanza si chiama Prima che suoni la campanella e l’ho aperta 15 giorni fa per cercare di ricreare un luogo informale per incontrarsi tra docenti, come sempre è accaduto in presenza nella sala insegnanti del Bertolucci. 

Prima che suoni la campanella….. quando alcuni docenti arrivano trafelati mentre altri, più mattinieri, sono già lì con la tazza di caffè o te in mano a chiacchierare del più o del meno, a ricordarsi appuntamenti, a segnalare attività didattiche, mostre, eventi culturali. O anche solo a commentare il meteo guardando il cortile in comune con l’Itis e sullo sfondo le ciminiere della centrale del teleriscaldamento. E poi via, al suono della campanella, sciamare lungo i corridoi verso le classi.

Nulla di tutto ciò è possibile ora.

Da qui l’idea di incontrarsi, chi vuole e senza impegno alcuno, solo per salutarsi e dirsi buon giorno. Un modo per ricordare che la scuola è comunità e relazione prima di tutto.

 

Ascoltare ed incontrare studenti

Lo stesso poi è accaduto anche con alcuni studenti e studentesse. Hanno chiesto di poter parlare con il loro preside e ci siamo incontrati in meet. Loro un po’ timorosi. Io commosso.

Così ho ascoltato le proposte dei candidati al consiglio di istituto e abbiamo lungamente discusso di campagna elettorale, delle modalità di votazione ma soprattutto di come realizzare le assemblee di istituto in un anno in cui il distanziamento fa da padrone.

E poi altri incontri. Con Alessia e Serena che si chiedono come continuare in tempo di covid, di chiusura delle scuole e semi lockdown, le attività di volontariato del Bertolucci. E sostengono inoltre che negli incontri di orientamento, anche essi rigorosamente on line, sarebbe importante aumentare la voce degli studenti del Bertolucci.

Le ascolto ragionare con passione. Me le ricordo poco più bambine quando 5 anni fa sono arrivate al Bertolucci: ora sono grandi, fanno ragionamenti maturi, consapevoli, impegnati. Nei loro occhi si legge che Bertolucci come Casa non è uno slogan vuoto ma è passione vera. 

Mentre le saluto mi sento fiero di loro.  E dei compagni e delle compagne come loro. E dei docenti che le hanno aiutate a crescere e del Bertolucci come casa.

Le vedo sparire mentre chiudo meet e subito mi attivo per dar corso alle loro proposte, per trovare il modo di realizzarle. E già il giorno dopo, Prima che suoni la campanella, se ne ragiona con Giovanna che ha sentito Francesca, che ha sentito Bruno della Comunità di Sant’Egidio per capire come continuare in tempo covid la collaborazione che va avanti da anni.

E intanto entrano e salutano tanti  altri docenti. Ironici, preoccupati, trafelati quando l’orologio segna le le 7.59 e devono correre in classe …. cambiando stanza di meet sul proprio notebook. 

Più scuola, più cultura, più formazione

Qualche giorno dopo incontro Margherita. E’ una giornata di sole e la sua videocamera la inquadra incorniciata da una luce bellissima e invadente che si riflette sul bianco di una grande poltrona in mezzo alla stanza. Margherita vuole confrontarsi su una proposta precisa che risponde al bisogno di avere “più scuola” e nasce dalla consapevolezza che in questa situazione si rischia davvero di perdere un anno o quasi. E così si chiede se non fosse possibile continuare le lezioni dopo il 5 giugno e anche oltre. 

Ne discutiamo, spiego la complessità di lottare contro calendari che ormai sono già fissati a livello nazionale. Le racconto di come al musicale si sia ovviato negli anni al problema di uno stacco troppo ampio tra fine anno scolastico e nuovo inizio a settembre con la disponibilità dei docenti di strumento di fare piccole lezioni individuali anche d’estate per supportare il percorso di apprendimento degli strumentisti. Si potrebbe fare anche per le altre discipline, quest’estate. 

Non corsi di recupero ma master class, approfondimenti. 

E le racconto di un’esperienza che ho vissuto moltissimi anni fa quando frequentavo sociologia a Urbino e l’università organizzava in una settimana di agosto corsi estivi di 5 ore per ogni disciplina con esame finale. Proposta fatta apposta per mettere assieme gli interessi degli albergatori ma anche e soprattutto quelli dei moltissimi studenti fuori sede che così ottimizzavano il proprio tempo di studio.

La sua è una idea semplice, logica e geniale. Ma proprio per questo, purtroppo, in questo paese non sarà mai accolta. E mentre la saluto la ringrazio per la preoccupazione che manifesta sul proprio percorso di studio. 

 

Quando la responsabilità è proprio solo personale

Al contrario di lei sono molti gli studenti che in questo periodo stanno perdendo la motivazione e mettono in atto comportamenti opportunistici per evitare ogni forma di impegno. 

Sento ogni giorno docenti preoccupati. Mi raccontano storie di studenti che spengono le videocamere, fingono improvvisi quanto improbabili blackout delle connessioni in centro storico, strolgano fuori tecniche sempre più raffinate per apparire attentissimi mentre in realtà si sfidano all’ultimo videogioco. O, senza remora alcuna, copiano, copiano, copiano rendendo inutile ogni tentativo di mettersi alla prova per verificare il proprio studio. 

Al punto che qualche docente ha candidamente scritto a tutti gli studenti di alcune classi che è stanco di giocare a guardie e ladri e che non farà più verifiche ma si dedicherà a chi vuole davvero studiare e lavorare e che ognuno decida se è il caso di farlo oppure no.

Ha ragione: è il tempo della responsabilità individuale, questo. Ognuno decida cosa vuole davvero, senza scuse, senza fraintendimenti, senza inganni.

E la preoccupazione di Margherita è la stessa di Vincenzo, preside di Monfalcone, e di tanti altri suoi colleghi che hanno fatto al ministero la stessa proposta fatta da Margherita. Senza successo, credo. 

Ed è un vero peccato.

 

La luce appenninica

A Prima che suoni la campanella l’altro ieri si discuteva di orientamento e due prof.sse,  mamme di ragazze che frequentano la terza media, raccontavano delle loro esperienze negli incontri on line con altre scuole e altri licei. Dalla finestra di una prof entrava una luce soffusa di Appennino. 

Oggi, che il tempo è davvero grigio, Agnese ha voluto regalare a chi stava passando nella stanza l’inizio di una mazurca di Chopin. Certo il suono era distorto e l’ascolto difficile. Ma iniziare la giornata con le note meste di Chopin, costretto a lasciare la sua patria per andare in esilio a Parigi, è davvero un bel modo per chiudere la stanza mentre ognuno corre al suo lavoro in rete.

Intanto una prof. che non poteva partecipare mi manda via whatsapp la foto della invasione delle giraffe che stanno occupando l’ex Barilla center. Decine di giraffe. Grandissime. Impressionanti nella loro bianca nudità. Chissà chi ha pensato che un’invasione di giraffe facesse Natale!

Il meet si è chiuso. Un altro mi aspetta a brevissimo in una rincorsa di incontri a distanza che lasciano sempre più stremati. Mi fermo un attimo. Guardo il tavolo da falegname su cui è appoggiato il Mac. 

Un tenuo filo di luce oltrepassa le tende alla finestre. Le grandi ciotole sulla destra ora sono piene di frutta autunnale. Mele, pere, melograni. L’uva ha lasciato il posto alle noci. Sono arrivati i mandarini.

E’ autunno che ci avvolge. Con un velo di malinconia.

Come le note di Chopin.

 

Aluisi Tosolini

 

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