Mi trovavo – forse un sabato – a casa di un amico. L’inizio dell’anno scolastico avrebbe portato con sé un notevole impegno nella frequentazione autunnale di cene e serate d’intrattenimento. Per coloro che non si intendono di questi incontri (spero siate la minoranza) elencherò in seguito le condizioni e le occupazioni segretissime che essi comportavano.
Innanzitutto vi era la necessità di scegliere un luogo per l’evento. Il componente del gruppo che disponeva di una dimora svuotata del maggior numero di familiari possibile o ancor meglio totalmente libera si aggiudicava il primo premio: ovviamente andava poi verificato dai compagni che la località fosse raggiungibile da tutti con discreta facilità.
Una volta fatto ciò, ecco che arrivava la decisione più difficoltosa della serata: cosa mangiare? Ognuno avanzava con ostinazione la prelibatezza che più desiderava, preferibilmente ordinata in qualche ristorante-pizzeria e portata a domicilio alla casa. Molto spesso però, qualche animo parsimonioso ricordava agli altri che i viveri a disposizione erano scarsi e le paghette settimanali elargite dai genitori il sabato pomeriggio finivano il sabato sera. Così all’ultimo, veniva buttato sul fuoco un chilo di pasta, il padrone soddisfatto credeva ogni volta di sfamare tutti gli ospiti, dimenticando forse che tre sono a dieta e uno pare a tratti celiaco e a tratti no.
Nonostante queste iniziali complicazioni la serata procedeva quasi sempre con incredibile scioltezza: una parola, un pensiero, un fraintendimento, tutto era spunto per sostenere nuove discussioni, esporre idee e ironizzare su qualche soggetto di comune conoscenza. Veniva fatto il resoconto settimanale dei momenti più esilaranti passati in classe, venivano scherniti i ricordi dei primi anni di liceo quasi quelli non fossimo mai stati noi.
In questo clima lieto e leggero mi perdevo. Tornare a casa lasciava sempre una sottile nostalgia: sapevo che ci saremmo rivisti presto, ma ignoti erano il numero di incontri che ancora ci rimanevano. La settimana era stata lunga e io ero davvero esausta; così mi arrendevo al sonno, lasciando che il piacevole incanto si dissolvesse durante la notte.
Gli amici sono tutto per noi e forse nemmeno lo sanno.
Matilde Tragni