Di Hayahisa Tomiyasu, il fotografo che ha ispirato questo articolo, non si trovano molte informazioni biografiche, probabilmente perché non è un artista famoso: digitando il suo nome compare un’unica raccolta fotografica, quella che in seguito gli valse un po’ di notorietà, e di cui vi parliamo oggi. Hayahisa nasce in Giappone nel 1982 e nel 2011, all’età di 29 anni, si trasferisce in Germania per studiare fotografia all’accademia di belle arti di Lipsia. Quello stesso anno inizia inaspettatamente il progetto che lo occuperà per i cinque anni successivi.
Era una domenica pomeriggio del mese di agosto, e il nostro fotografo stava passeggiando non lontano dall’alloggio che occupava temporaneamente in Germania. Nella quiete di quella calda giornata, si rese improvvisamente conto di non essere solo. Accanto a sé vide una volpe: un incontro romanzesco, quasi mitico, quello tra l’uomo e la volpe, piccola e silenziosa, con la sua coda bianco immacolata.
Il giorno dopo Hayahisa volle rivederla. Si affacciò alla finestra della sua stanza, che a sua volta si affacciava su uno spiazzo di cortile in apparenza anonimo e solitario e contro ogni logica aspettativa, la rivide, per una seconda volta. Da quel giorno ogni giorno Hayahisa si affacciava alla sua finestra, inizialmente sperando di poterla rivedere, poi perché affascinato, in quell’angolo di cortile giudicato anonimo, di un “teatro”, ai limiti dell’assurdo.
Al centro di quell’angolo di mondo individuato dalla finestra di Hayahisa, protagonista altri non era che un tavolo da ping-pong. Ogni giorno per cinque anni il fotografo si è appostato alla finestra con la macchina fotografica, dalla stessa posizione, per ottenere sempre la stessa inquadratura, scattando oltre 4000 foto. Viste una dopo l’altra sembrano le pellicole di un film muto a tratti venato di una certa drammaticità. Tuttavia lo scenario è talmente bizzarro che è difficile trattenere un sorriso.
In una foto troviamo un giovane uomo con la divisa da calciatore seduto a un’estremità del tavolo, le gambe sospese, o comunemente dette a “penzoloni”, la schiena leggermente ricurva, le mani tra le ginocchia, appoggiate mollemente l’una sull’altra. Sembra assorto nei suoi pensieri, celato in un mondo interiore, o rapito in una qualche distante riflessione. In un’altra foto, tre donne in tenuta sportiva fanno degli squat appoggiandosi al tavolo per non perdere l’equilibrio. La situazione qui è già un po’ più comica, probabilmente lo sguardo di Hayahisa sorride con una certa malizia, ma accanto a questi si percepisce ancora la partecipazione di qualcun altro, o forse sarebbe più corretto qualcos’altro.
In questa foto, come nella precedente o nelle successive, accanto alla figura dominante del fotografo e a quelle che “recitano” direttamente nella scena, si avverte la presenza del tavolo da ping-pong, il vero protagonista di quanto Hayahisa e noi spettatori vediamo. Un oggetto che diventa protagonista.
Potremmo provare anche noi ad affacciarci alla finestra e fotografare ciò che vediamo, tutti i giorni per un mese. Il risultato potrebbe stupirci.
Ecco, io ho iniziato con questa foto, dall’albero che da sempre si eleva dinanzi alla mia finestra. Segue la scansione dei mesi, cambia con le stagioni: ora offre i suoi colori autunnali, in inverno non rimarranno che i suoi rami secchi e spogli e la luce che sullo sfondo cambia giorno dopo giorno preannuncia l’imminente trasformazione. Verso le sei, tra un compito e l’altro, nel pomeriggio, uno sguardo lo dedico all’albero che tanto fedelmente sempre è stato appresso me: questa abitudine è diventata un rito accorto e avverto ora la sua presenza, le sue variazioni, i suoi movimenti.
Margherita Buratti Zanchi