Spotted – La vetrina di persone

Avrete sicuramente sentito parlare delle pagine Instagram create per “spottare” i ragazzi e le ragazze visti fuori casa – che si parli di una strada, del cortile di scuola, o anche, addirittura, del supermercato. Lo scopo di questi account è identificare delle persone sulla base di una grossolana descrizione fisica accompagnata da orario e luogo di “avvistamento” (che è il significato letterale del verbo inglese to spot), riportati dall’interessato. Queste informazioni sono pubblicate sotto forma di post e, quindi, servite a tutti coloro che visitano il profilo e che saranno gli stessi a commentare indicando nome e account Instagram del ricercato, nel caso in cui l’abbiano riconosciuto.

Post di una pagina spotted

 

Sembra essere uno strumento molto utile nel caso in cui si voglia trovare una persona che non si conosce. Mettiamo che, camminando per strada, io veda qualcuno che sembra avere interessi in comune con me, può essere per il modo di vestirsi, per quello che sta facendo o per  il luogo verso il quale si sta dirigendo. Oppure poniamo che io veda, semplicemente, qualcuno che mi piace. Decido che lo voglio conoscere, solo che non riesco a parlargli a voce per diversi motivi (paura, imbarazzo, è impegnato in un’attività…). Allora che cosa posso fare? Lo spotto, così da nascondermi dietro un telefono e semplificarmi l’impresa.

 

 

Ma avete mai pensato al punto di vista dell’altra parte coinvolta in questa caccia? Iniziamo dicendo che pubblicare su Internet foto di minorenni, ovvero la quasi totalità delle foto di ragazzi spottati, senza il permesso di entrambi i genitori è illegale, a meno che i volti non siano offuscati (e naturalmente non lo sono, perché tale azione impedirebbe lo scopo principale dell’iniziativa). Ciò non solo ostacola la libertà negli spostamenti in pubblico, perché vi è la consapevolezza che una foto scattata in qualsiasi condizione potrebbe finire online e da lì non scomparire più, ma indica anche che siamo stati scelti in base ad una semplice occhiata che non può andare oltre alle apparenze; siamo in mostra, in esposizione, come se qualcuno dovesse vederci e sceglierci dalla vetrina e, in questa esposizione chi non piace esteticamente sembra avere una marcia in meno.

Cosa forse ancora più grave è che non ho mai sentito lamentele riguardo la chiara violazione della  privacy. Probabilmente la causa è la sete di attenzioni o il piacere che si ricava dal riceverle: venire spottati  è infatti segnale di apprezzamento da parte di qualcuno che non conosciamo, seppur limitato all’aspetto puramente esteriore. Ma vogliamo davvero essere scelti in base a queste frivolezze? Non farebbe forse più piacere vedere una persona che ci si presenta dal vivo, con un sorriso, si mostra per quello che è ed è interessato a quello che pensiamo e diciamo? Le persone sono più del loro aspetto e molto spesso esso non corrisponde all’interno. Vorrei incoraggiare a scegliere le proprie conoscenze in base a valori reali e meno superficiali, a dare importanza alle parole pronunciate faccia a faccia e alla semplicità di scoprire i gesti abituali che non si possono cogliere da uno schermo. La prossima volta che vedete una persona interessante, non seguitela su Instagram: andate a parlarci!

Marianna Massari 3^E

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