“Misogino”, dal greco μισέω misèō, “odiare” e γυνή gynḕ, “donna”; troviamo le origini di questo termine proprio nell’antica Grecia. I principali esponenti di un pensiero comune, nella Grecia antica, erano i filosofi, come Socrate e Aristotele, Platone ed Epicuro. I quattro avevano teorie diverse, ma tutti erano accomunati da una profonda sottostima della figura femminile e del rapporto dell’uomo con essa. C’era chi, come Socrate, riconosceva alla donna una sola dignità morale, e Aristotele che era d’accordo nel rispettare la donna in quanto persona umana trattandola ugualmente come essere scientificamente inferiore all’uomo, e chi, come Epicuro, riteneva la donna come solo “strumento del piacere”. Platone, invece, nelle sue teorie risultò femminista senza volerlo, mettendo la donna al pari dell’uomo senza neppure considerarla. Tutto questo sembra così lontano ma al tempo stesso così comune perché è alla base della società moderna, che affonda le sue radici (purtroppo e per fortuna) nei popoli antichi.
Non ci stupiamo più ormai quando si sente parlare al Tg di femminicidio o di violenza sulle donne, o di quanto queste ultime siano frenate in ambito lavorativo e sociale. Ma non ci stupiamo nemmeno nel sentir parlare di donne che lottano per i diritti di altre donne. Personalmente non ho mai sentito parlare di un maschio che difendeva i suoi diritti in quanto tale: non che gli uomini non ne siano capaci (ce ne danno dimostrazione tutti quei maschilisti che affermano ogni giorno la loro superiorità), ma perchè non ne hanno mai avuto bisogno.
Non si può estirpare di sana pianta questo insano pensiero di superiorità incastonato nella testa di tutti (e tutte) noi: non vuol dire che lo condividiamo, ma è sempre stato lì. Siamo nati davanti ad una tv che trasmetteva storie di principesse che non sapevano salvarsi se non con l’aiuto di un valoroso cavaliere, con trasmissioni in cui le donne dovevano necessariamente seguire dei canoni di bellezza fissi per poter aumentare gli incassi; se oggi al cinema possiamo vedere film in cui le cose sono leggermente cambiate (Superwoman è ancora una modella con tre centimetri di vestito, ma è già un passo avanti) è grazie a donne che hanno lottato e si sono imposte alla società. Era inaccettabile che le donne non potessero votare, gestire il loro patrimonio e dovessero essere totalmente dipendenti dai mariti. Donne come Lina Merlin (chiusura delle case di tolleranza, 1958), Anna Banti e Maria Montessori (diritto al voto) hanno lottato per far sì che i soprusi e le angherie che le donne dovevano e devono tuttora subire fossero giudicati e condannati.
A queste donne avvocato, politiche, giornaliste dobbiamo tanto, ma dobbiamo tanto anche ad ognuna delle donne (e degli uomini) che ogni giorno si battono e non si lasciano intimidire dalla società ancora fortemente maschilista. Il “Processo per stupro” è stato un chiaro esempio di come la verità si debba far sentire, debba essere sbattuta in faccia a chi fa finta di non vedere. In quel processo la donna non solo era una vittima, ma veniva trattata come un’imputata, dopo aver subito terribili violenze sessuali. Tina Lagostena Bassi fece da portavoce a tutte quelle donne che non potevano avere nessuna parola in capitolo, che non avevano il coraggio di ribellarsi alla realtà maschilista e misogina di un tempo. Una realtà che, ancora oggi, non è così lontana da noi.
Tante donne ancora si battono per ottenere diritti che alle volte sono violati, dalla nazione o dalle persone che sono intorno a noi. Pensare semplicemente che alcuni sport o alcuni lavori siano “da uomini” va contro a ciò che dovremmo in realtà fare. Chi lotta per la libertà delle donne lo fa per avere una parità, non per affermare la superiorità della figura femminile. Ma è un pensiero ancora invalicabile: molti guardano esternamente, appoggiano le donne e le loro proteste ma non fanno nulla per cambiare le cose. Siamo come quei sei milioni di italiani che, nel ‘79, guardavano commossi e sdegnati un giudice concedere la libertà a quattro colpevoli dello stupro di una ragazza, ma che il giorno dopo sarebbero tornati alle loro vite, magari tirando ogni tanto uno schiaffo alla moglie o rimproverandola se questa voleva uscire una sera a cena con le amiche.
Marianna Reverberi 3B