Oltremare. Viaggio a Creta – Parte 3

Elaphonisi e Chrisoskalitissa (Creta), 20 luglio 1991

In gita nella costa sud ovest di Creta, percorsi una decina di km su uno sterrato, giungemmo a Elaphonisi, celebre per la spiaggia rosa.elafonissi-spiaggia-cretaIl mare riversa continuamente frammenti di corallo. Restammo in silenzio per ore, a mollo nelle acque calde e cristalline. Prima di andarcene (beninteso, mai avrei voluto andarmene da quel luogo d’incanto), feci qualcosa di cui, negli anni a venire, non ho mai smesso di pentirmi: riempii una bottiglia con alcune manciate di sabbia e corallo. Considerai veramente imperdonabile quel gesto dopo aver letto il motto di Waldo Emerson: Posseggo una straordinaria collezione di conchiglie che tengo sparsa su tutte le spiagge del mondo. 

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Abbandonata a malincuore Elaphonisi, guadagnammo il vicino Monastero di Chrisoskalitissa (foto sotto). Salita la lunga scalinata, riposai all’ombra del sicomoro. Da quello sperone roccioso la vista era spettacolare, l’orizzonte sconfinato, le onde s’infrangevano con forza contro l’immenso scoglio. Alzai lo sguardo e vidi che sopra l’arco d’ingresso del monastero erano incisi due versetti biblici che si addicevano in modo emblematico a quel luogo, suggerendo al fortunato visitatore  lo sguardo alla possanza del mare, richiamo simbolico ad altra Infinita Possanza.

 Più potente delle voci di grandi acque,

 più potente dei flutti del mare, 

potente nell’alto è il Signore. 

(Salmo 92, 4-5)

 

Knossos (Creta), 21 luglio 1991      

Il Minotauro

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 Cnosso, la gran città, qui levasi, dove Minosse  

per nove anni regnò, che solea favellare con Giove.
Odissea; Libro XIX

La Taurocatapsia o Salto del Toro decorava le pareti del Palazzo di Cnosso (XVI sec. a.C.),oggi al Museo Archeologico di Iraklion (Creta). L’affresco del Salto del toro rappresenta una scena rituale: durante le feste sacre alcuni giovani addestrati dovevano volteggiare in groppa al toro in corsa. La taurocatapsia era, infatti, un gioco rituale in cui i giovani atleti mostravano doti di coraggio e vigore che richiamavano la supremazia dell’intelligenza umana sulla forza bruta dell’animale. Nell’affresco Taurocatapsia  due giovani donne (individuate convenzionalmente, in tutto il mondo antico, dalla pelle chiara) ed un uomo (individuato dalla pelle bruna) sintetizzano le tre fasi dell’esercizio: le prime sono raffigurate in piedi, l’una (a sinistra) mentre si prepara al salto, aggrappandosi alle lunghe corna dell’animale per avere la spinta verso l’alto che permetterà il volteggio; l’altra (a destra) con le braccia distese di chi lo ha appena compiuto (le punte dei piedi non sono ancora posate sul suolo); l’uomo, invece, volteggia ancora sulla groppa dell’animale.

Iraklion assomigliava al Pireo, caotico agglomerato di palazzoni grigio cemento. Tuttavia, proprio nella bruttissima Iraklion ammirammo il Museo Archeologico con i reperti provenienti dai quattro Palazzi minoici (Cnosso, Malia, Festo, Kato Zakros) che visitammo con interesse crescente nei giorni successivi. 

La figura del toro ricorre frequentemente nelle opere cretesi: essa è infatti legata al mito più celebre della cultura cretese, quello del Mintoauro. Il mostro, nato dall’unione di Pasifae (moglie del re Minosse) con un toro, fu rinchiuso nel leggendario labirinto di Cnosso che, forse, prese il nome dal suo costruttore, Dedalo, poiché si trattava di un intricato complesso di corridoi, stanze e gallerie interne al Palazzo; secondo un’altra ipotesi il termine ‘labirinto’ deriva dalla stanza segreta delle grandi asce bipenni in oro massiccio, oggi visibili al Museo di Iraklion. La lábrys (λάβρυς), in latino bipennis, in italiano ‘ascia bipenne’, era una scure a due lame, simbolo del potere minoico. 

Di nascosto comprai due piccole bipenni in oro, una per me e una per mia moglie. Rientrato in Italia, le nascosi nella mia ‘stanza del tesoro’, locale del tutto inaccessibile ai più, tut limpì con na masa d’osvì, completamente riempito da una massa di… osvì, intraducibile, se non con ‘osvigli’, oggetti di nessun valore tranne per chi gliene attribuisce qualcuno’; le ritrovai solo alcuni anni dopo… al che mia moglie, all’acme dell’ira per la mia dabbenaggine, le nascose in altro luogo a me inaccessibile. Ho sempre pensato che la bipenne è davvero un oggetto sacro, nascosto e labirintico; in fin dei conti, anche i nativi americani, per favorire la pace, la tenevano rigorosamente nascosta sotto terra.  

PS. Nel 1985 lo scrittore e drammaturgo svizzero Friedrich Dürrenmatt (1921-1990) scrisse uno straordinario racconto, Il Minotauro, in cui il mostro, a differenza del mito in cui è appare come antagonista muto, diventa protagonista dell’opera benché descritto nella sua totale incoscienza, un essere costretto a non essere, rinchiuso nel labirinto tra infiniti specchi e infinite illusioni di sé. L’unico rapporto che troverà con gli umani, lui che è il frutto della vergognosa commistione tra toro e donna, sarà solo l’inganno mortale di Teseo e Arianna. Lo spazio mitico del labirinto viene accentuato nel suo carattere di isolamento e riflessività dalla presenza di specchi. Doveroso il richiamo al racconto di Jorge Luis Borges, La casa di Asterione del 1949, presente nella raccolta L’Aleph. Maurizio Bettini, docente di Filologia classica all’Università di Siena, già autore dello splendido saggio Voci. Antropologia sonora del mondo antico (Einaudi, 2008), nel 2015 scrive, assieme a Silvia Romani, Il mito di Arianna, Immagini e racconti dalla Grecia a oggi.

 

Prof. Lanzi

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