Era una favola.
Non mi ero mai sentita in una favola. Le avevo sempre sognate, lette o ascoltate. Ma mai vissute. I miei occhi brillano ancora al pensiero, brillano come quelle scarpe con il tacco argentate che non vedevo l’ora di mettere. Le tenevo su una mensola della mia cameretta, e davo loro un’ occhiata ridente tra una studiata e l’altra, mentre mi preparavo per l’ esame di terza media. Mai avrei pensato, quando da piccola guardavo Cenerentola, di poter partecipare a un ballo anche io. Non era proprio un ballo come il suo, con famiglie nobili e altezzose, ma una semplice festa tra gli studenti dell’ultimo anno. Eppure da tutti era visto come “Il Ballo”; per i maschi un’occasione per sentisi gentiluomini in giacca e cravatta, per le femmine, come me, il sogno di sempre: sentirsi principesse.
Già a Settembre si sentiva parlare di quel fatidico giorno di fine Maggio, e quel giorno arrivò. Mi ero programmata il pomeriggio da mesi: estetista, trucco, parrucchiera, vestito, ultimi ritocchi ed sarei stata pronta. E sembrerà strano, ma i più bei ricordi che ho di quella giornata non appartengono alla sera, alla musica e ai compagni, ma alla lunga preparazione.
Dell’estetista non ricordo molto, mi sono coricata nel morbido lettino bianco e mi sono semplicemente rilassata. Forse ho anche un po’ dormito, non ne sono sicura; il profumo che c’è dall’estetista mi porta in uno stato di trance. Ricordo di essere tornata a casa per truccarmi: le principesse non sono mai truccate pesantemente, quindi ho sistemato la questione con un leggero ombretto beige, rossetto rosa opaco e la classica linea di eyeliner alla Audrey Hepburn. Infine la fatidica scena del mascara: lo stavo passando attentamente sulle ciglia come una diva di Hollywood, quando, riflessa nello specchio, dietro di me, compare mia madre. Si avvicina e mi guarda come mai aveva fatto, come se stesse osservando la sua opera, e dolcemente, in un sussurro, dopo una lunga pausa si esprime:”Sei bellissima”. Mi abbraccia e se ne va.
Poco dopo ero seduta sulla poltrona della parrucchiera, non ci ero mai andata da sola e questa cosa mi faceva sentire come una di quelle signore che ci va ogni settimana. Ho alzato la testa da una di quelle solite riviste che puzzano di lacca, e ho visto i boccoli che scendevano uno alla volta rimbalzando l’ uno sull’ altro. E anche se non avevo la chioma bionda di Barbie, mi piacevo ancora di più.
Ero in ritardo. Ma non mi importava, quel giorno potevo farmi aspettare. Mio padre era fuori sul suo camioncino, e sono volata a vestirmi. Non importano tutti i problemi che ho avuto nel mettermi quel vestito: lo adoravo. Il colore era Blu Tiffany, con una gonna in chiffon lunga appena sopra le ginocchia. Aveva un corpetto ricamato con inserti e ricoperto da pietruzze brillanti, che si intrecciava sulle spalle con due fili dello stesso colore, lasciando la schiena scoperta. Ero pronta. Non pensavo di riuscire a finire senza che qualcosa non mi soddisfacesse.
Ero felice, e il mio cavaliere mi stava aspettando sotto casa. Va bene, non era proprio un cavaliere. Era il mio amico d’infanzia che si era offerto di “portarmi al ballo”: c’era questa tradizione americana tra noi ragazzi, ogni ragazza aveva qualcuno che la portasse – le più pazze ci andavano tra loro. E Pietro era il mio partner. Ho sceso le scale con le gambe in tensione, e il rumore che i tacchi producevano mi ricordavano la camminata di mia madre, le rare volte che uscivamo a cena. Ho visto Pietro che mi aspettava al cancello dopo il piccolo vialetto, e poi ho guardato verso l’alto: mio padre era sul balcone e mi osservava con uno sguardo che io conoscevo benissimo. Era un misto tra la gelosia e l’orgoglio. Sono sempre stata quella che lui definiva “la sua principessa”, e a quell’immagine ho capito che lo sarei ancora stata, ma con più distacco. Stavo crescendo. Allora ho salutato il mio amico che mi ha messo una mano sulle spalle e mi ha accompagnato all’auto di suo padre. Era buffo che noi, amici da una vita, fossimo così formali in quell’ occasione. Ma, alla fine, anche lui stava vivendo la sua piccola favola.
di Annalisa Coppellotti 1G