Siamo partiti da Parma in 110 fra studenti e professori delle scuole superiori, per intraprendere il Viaggio della Memoria verso Mauthausen.
Per il dodicesimo anno consecutivo, infatti, l’ISREC (Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea) ha organizzato quest’esperienza con l’intento di mantenere viva la memoria ed evitare che l’umanità possa nuovamente essere prevaricata dalla bestialità insita in ognuno di noi.
Alla fine della seconda giornata abbiamo celebrato tutti insieme una piccola veglia davanti al memoriale italiano posto a Mauthausen, che con l’effige “Agli italiani che per la dignità degli uomini qui soffersero e perirono” ricorda i valori per cui i nostri compatrioti sono stati deportati, e in alcuni casi sono morti, nei campi di concentramento.
Gli internati italiani, in particolare facendo riferimento ai prigionieri politici deportati a Mauthausen, avevano anteposto il patriottismo al nazionalismo dei fascismi; avevano scelto di essere fratelli gli uni degli altri, piuttosto che prevaricatori o conniventi e per questo subirono la cattiveria dell’uomo che si credette invincibile.
Per questo noi, nel ricordarli, dobbiamo tenere sempre a mente la sostanziale differenza fra il patriottismo che unisce un popolo, e il nazionalismo che lo divide dagli altri.
Con queste riflessioni nel cuore e nella mente, ci dirigiamo verso il Castello di Hartheim, per continuare il nostro viaggio nonostante l’angoscia che ormai ci attanaglia.
“Mens sana in corpore sano”:
questo il principio che guidò i nazisti nell’eliminazione dei diversamente abili, di uomini e donne con deficit fisici o cognitivi, di tutti coloro che vivevano ai margini della società; infatti, secondo la spietata concezione diffusasi in Germania dalla seconda rivoluzione industriale in poi ed estremizzata dal regime di Hitler, chi mangia ma non produce, chi non contribuisce al bene della società, chi è inabile al lavoro, è inutile.
Chi non è utile non ha diritto di esistere.
Nel pomeriggio, invece, abbiamo fatto visita al memoriale di Gusen, forse uno dei luoghi più significativi dell’Austria anche per la sua storia post-bellica. Il campo lì situato era infatti stato distrutto quasi interamente e il terreno lottizzato e venduto a privati; sono state le famiglie di vittime e superstiti del campo, in particolare di internati italiani e francesi, ad acquistare alcuni lotti e fare erigere una struttura a ricordo e monito degli orrori perpetrati dai nazisti.
Ciò che ha colpito tutti fin dal primo sguardo è la profonda dualità del luogo: la struttura degli anni settanta è infatti circondata da villette colorate e abitate.
Rimane impressa la coesistenza nello stesso luogo della volontà da parte dei sopravvissuti di ricordare ciò che in quel luogo è avvenuto e al tempo stesso la voglia della popolazione di guardare avanti, pensare al futuro.
Come ultima tappa abbiamo fatto visita al sottocampo di Ebensee, prima di fare ritorno a Parma con qualche lacrima in meno da poter versare, ma con molta consapevolezza e umanità in più.
Letizia Saccani 5D