di Giada Cattolico, 5° S
Intelligenza umana e intelligenza artificiale: è possibile per una macchina pensare?
L’oggetto di questo articolo è l’impossibilità di sviluppare mediante elaborati elettronici forme di intelligenza artificiale forte, cioè vere e proprie menti artificiali.
Per entrare nel merito della discussione occorre distinguere tra intelligenza artificiale forte e intelligenza artificiale debole.
Soffermandoci sull’ IA forte quindi, si mette in mostra il dibattito sulla possibilità di realizzare calcolatori con capacità di pensare come quella degli esseri umani.
Il test di Turing, il test di Searle sulla stanza cinese e infine Nagel dimostrano che la mente è irriducibile a fenomeni fisici.
I: L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE E I SUOI STUDI
L’intelligenza artificiale non ha una definizione precisa e condivisa, ma possiamo sostenere che essa si rivela nella capacità di svolgere alcune funzioni come adattarsi all’ambiente o a nuove situazioni, apprendere dall’esperienza, comunicare e utilizzare in modo efficiente risorse limitate.
L’IA però, non vuole solo studiare l’intelligenza, ma si propone di “costruirla”, di dare vita, quindi, a macchine intelligenti.
Una distinzione importante è quella tra intelligenza artificiale forte e intelligenza artificiale debole, analizzata seguendo l’articolo si Giovanni Sartor in “L’informatica giuridica e le tecnologie dell’informazione”.
L’IA debole ha l’obbiettivo di realizzare sistemi artificiali capaci di svolgere compiti complessi, ma che non sono in grado di pensare e quindi non possiedono una mente, dove per mente si intende l’insieme delle funzioni superiori del cervello, in particolare quelle di cui si può avere soggettivamente coscienza, quali la sensazione, il pensiero, l’intuizione, la ragione e la memoria.
L’intelligenza artificiale forte invece si propone di costruire menti artificiali e quindi si basa sul fatto che anche i calcolatori possono essere dotati di capacità cognitive e di pensiero, nel modo in cui ne è dotato l’essere umano.
Ma c’è la possibilità di costruire “vere” menti artificiali?
Questo dibattito risale al 1963 con Alan Turing, che si interrogava oltre che sulla possibilità di sviluppare macchine intelligenti anche su come verificare quando e in quale misura questo risultato potesse considerarsi raggiunto.
A tale scopo, propose un test che si ispira a un gioco di società,” il gioco dell’imitazione”, nel quale una persona interroga due interlocutore di sesso diverso, al fine di determinare chi di questi sia l’uomo e chi la donna.
In questo caso, un altro esperimento proposto dallo scienziato è il “Test di Turing”, in cui lo scopo di chi interroga è invece quello di distinguere l’interlocutore umano e l’interlocutore elettronico.
Si potrà dire che l’intelligenza artificiale sarà stata pienamente raggiunta quando un sistema informatico sarà riuscito ad ingannare l’interrogante, facendogli credere di essere una persona.
Ma nessun sistema ha ancora superato il “Test di Turing”, ovvero nessuna macchina ha raggiunto l’intelligenza umana, e nel caso in cui ciò dovesse accadere si limiterebbe a fingerla, in quanto simula una mente senza possederla veramente.
Infatti, per superare il test è sufficiente che la macchina si comporti come un essere umano e non è necessario che esso abbia una mente; se così fosse non si tratterebbe di una “vera” mente artificiale.
II. SEARLE: UN CALCOLATORE NON è CAPACE DI PENSARE
In particolare, questa tesi è stata sostenuta da John Searle che sviluppa un esperimento mentale che prende il nome di “argomento della stanza cinese”; secondo cui una persona in grado di parlare solo la lingua inglese è chiusa in una stanza con una fenditura verso l’esterno.
Dalla fenditura viene immesso un foglio che riporta dei caratteri cinesi (incomprensibili a chi non conosce la lingua). Seguendo le istruzioni di un manuale, la persona nella stanza scrive su un foglio bianco la risposta, collegando come da manuale una sequenza di caratteri cinesi, scritti su fogli precedentemente inseriti nella stanza. Successivamente la persona all’interno della stanza spinge il foglio fuori dalla fenditura.
Le risposte che escono dalla stanza, sono indistinguibili dalle risposte di una persona capace di parlare il cinese.
Di conseguenza la “stanza cinese” supererebbe il “Test di Turing”, ma la persona all’interno della stanza in realtà, ha solo manipolato dei simboli senza saperne il significato, mentre al contrario il cervello vi annette un significato.
Quindi un calcolatore capace di conversare con un essere umano non è capace in realtà di pensare, non ha una mente, perché si limita ad usare dei simboli.
III: LA MENTE NON COINCIDE CON FENOMENI FISICI
Nagel, filosofo nato nel 1937, parte dal concetto di “esperienza cosciente”, per dimostrare che la coscienza è inaccessibile alla scienza e per sostenere che la mente è irriducibile a fenomeni fisici.
Per mostrare questa tesi Negel, ricorre ad una forma di coscienza diversa dalla nostra, quella dei pipistrelli, che hanno un tipo di percezione che non può essere compreso da chi non ne possegga la stessa.
Questo per far capire che la scienza non può proporre un punto di vista uguale a quello della coscienza umana, in quanto una macchina non è cosciente di esistere.
Pensare è una priorità della coscienza e essere consci, significa capire di esistere come entità distinte da altre entità, ciò che la macchina non fa.
Questo argomento è molto attuale in quanto viene riportato nel film Blade Runner, un film di fantascienza del 1982, diretto da Ridley Scott.
Il tema centrale del film, riguarda il confine tra l’uomo e l’artificiale, che in un primo momento sembra essere molto sottile ma che successivamente si rivela ampio, in quanto il regista sembra trovare la differenza tra umano e artificiale: l’uomo è consapevole di essere, una macchina no.
CONCLUSIONE
Il programma presente nella macchina non produrrebbe pensieri, perché risponde solo a input dati dall’uomo programmatore e la macchina può solo rispondere a quegli input, senza opporsi in nessun modo.
La progettazione di macchine pensanti, allora, non è realizzabile in quanto, il pensiero non è causato dal flusso corrente/tensione, infatti se così fosse anche un filo elettrico dovrebbe pensare.