Chi non conosce Giovanni Greci, bibliotecario e fondatore della biblioteca Pavese di Parma? Di recente è andato in pensione, e noi siamo andate a intervistarlo: ci ha permesso di ascoltare il racconto di questa sua interessante storia, che parla di lui e della “sua” biblioteca.
Come è arrivato ad occuparsi dei libri?
Sono nato in mezzo ai libri: mi sono laureato in scienze politiche all’Università di Bologna con una tesi sul pensiero di Gramsci, e da quel momento ho continuato a lavorare in mezzo ai libri, fino a che ho vinto un concorso grazie al quale ho iniziato a lavorare nelle biblioteche di Parma.
E’ vero che è stato proprio lei a fondare la Pavese?
Ero responsabile della commissione scuola-cultura a San Lazzaro e si parlava con la senatrice Albertina Soliani dell’idea di una biblioteca. E’ uscito il concorso con cui sono appunto diventato dipendente delle biblioteche di Parma e sono ricaduto come responsabile della commissione scuola-cultura e mentre lavoravo ancora alla Civica ho rilanciato l’idea con il dirigente scolastico e grazie all’assessore culturale, il professore Gianni Caselli, e all’allora direttore delle biblioteche, il dottor Cerretti, abbiamo deciso di aprire in una zona della città sprovvista di biblioteche, la “Cesare Pavese”. L’idea era di farla diventare una biblioteca per l’infanzia e l’adolescenza, ma anche un punto di riferimento per adulti che interagiscono con quest’età, come insegnanti, genitori e studenti dell’Università socio-pedagogica di Parma. Non a caso, noi siamo stati la prima biblioteca ad inserire materiale dell’infanzia 0-6, consapevoli del fatto che è nei primi anni d’età che si gioca la formazione.
Era presente anche la consapevolezza di mia moglie, psicoanalista, per un collegamento molto forte tra bambini piccoli, educatori e famiglie. La Pavese è nata in senso reale pochi mesi dopo la sua apertura, quando ho partecipato a una serie di incontri sul significato della lettura nei bambini piccoli, tenuti da psicoanalisti, quali Roberta Cardarelli, con cui ho lavorato per la catalogazione del materiale 0-6, che rimane tutt’ora in vigore. Proprio in questi ultimi anni mi sono occupato della lettura 0-6 scrivendo un libro che contiene circa 600-700 storie letterarie, che sarebbe il primo nella storia italiana ad occuparsi di questa fascia d’età. Ho inoltre collaborato per 5 anni con la rivista “Bambini”, scrivendo una rubrica sulla letteratura 0-6.
Lei che ha studiato per anni i libri per bambini e ragazzi: perchè è importante leggere?
Anche se ritengo che altri media siano importanti, visto che sono un amante del cinema e della fotografia, è importante leggere perchè il libro permette a un bambino, anche a costo di farselo leggere infine volte, di mettere a fuoco a livello inconscio ciò che lo sta attraversando, e permette di interagire attraverso il silenzio. Non esistono i libri intelligenti e stupidi, e mi dissocio da associazioni che credono il contrario: per ogni fase che un bambino sta vivendo esiste un preciso tema e libro che un genitore può proporgli.
Qual è il significato delle biblioteche nell’era digitale?
Al giorno d’oggi le biblioteche dovrebbero cercare di porre all’attenzione tutta una serie di tematiche coinvolgendo anche esperti esterni. Infatti, principalmente a causa del mondo dei media che ci bombarda di dati, non siamo più capaci di trasformare quest’ultimi in informazioni, e di conseguenza senza informazioni non ampliamo la nostra conoscenza. Le biblioteche diventano quindi un grande presidio di democrazia perche mantengono la memoria e nello stesso tempo dovrebbero far vivere il loro patrimonio. Inoltre il libro ha una caratteristica che altri media non hanno: permette infatti di mettere a fuoco e di analizzare i conflitti che il bambino e il ragazzo stanno attraversando.
Adele Spina e Emma Cavatorti