di Matilde Gabbi
Nella mattina di mercoledì, alcune classi di Istituti superiori di Parma, tra cui la mia, si sono riunite, presso il cinema Astra, per vedere insieme il film “Un bacio” di Ivan Cotroneo nell’ambito del progetto “#NonStiamoZitti” a contrasto del fenomeno del bullismo, progetto promosso dal Ministero dell’Istruzione in collaborazione con Telefono Azzurro.
La pellicola, ispirato al romanzo omonimo di Cotroneo, si è conclusa in modo drammatico, dopo un rapido precipitare degli eventi: la sala si è riempita di commozione e silenzio. Ogni studente si è sentito fortemente e profondamente colpito avendo osservato, sul grande schermo, diversi aspetti che caratterizzano l’instabile adolescenza che stiamo vivendo.
Il film ha aperto ad una riflessione articolata sulla ricerca di sè, i rapporti umani, il bullismo ed il cyber bullismo.
Per aiutarci ad approfondire queste tematiche, che possono caratterizzare la nostra delicata età di passaggio, era presente Giovanni Salerno, psicoterapeuta impegnato per Telefono Azzurro e responsabile del progetto “#Non stiamo zitti”. Dalle riflessioni che sono sorte dopo la visione del film è apparso evidente che il tragico finale del film si lega alle tante cose non dette dai protagonisti.
Il silenzio è infatti un alleato del bullismo: sia quello della vittima che nasconde la verità e non chiede aiuto, sia quello dell’osservatore, che per desiderio di approvazione o paura, accetta la situazione di sopruso, senza denunciarla.
Salerno, con la partecipazione dei nostri compagni, ha fatto semplici e divertenti esempi per fare comprendere il ruolo giocato dal ‘pubblico’ nelle dinamiche di bullismo: il bullo vuole dare spettacolo, ha bisogno di una cassa di risonanza per le sue gesta e, di conseguenza, il successo della sua azione dipende in larga misura dalla reazione degli spettatori. Secondo Giovanni, uno dei modi per affrontare un bullo e ‘smontarlo’ è rispondere con lo strumento dell’autoironia di cui ha offerto dimostrazioni pratiche e utili.
Anche se in quella sala tutti avevamo forse qualcosa da dire sulle realtà rappresentate nel film, solo pochi ragazzi si sono esposti direttamente, probabilmente per la paura del giudizio altrui che nella nostra società è amplificato dai social. Infatti l’anonimato ed il falso senso di protezione offerto da uno schermo ci espongono maggiormente ad attacchi e critiche attraverso i quali alcuni pensano di definirsi socialmente, marcando una distanza e una differenza tra sé e gli altri, come viene rappresentato efficacemente attraverso le vicende dei compagni dei protagonisti nel film.
Lo psicologo ha inoltre messo in luce il fatto che il non guardarsi negli occhi, durante una discussione, limita la possibilità di risolvere il conflitto, dato che si perde il linguaggio non verbale, veicolo principale dell’emotività. Giovanni Salerno ce lo ha dimostrato grazie a volontari coraggiosi che, facendosi una risata, hanno alla fine riflettuto sul nostro discutibile modo di comunicare.
In “Un bacio” è quindi rappresentata questa nuova forma di bullismo, che agisce da dietro ad uno schermo, assieme a quella classica, che vediamo soprattutto diretta verso Blu, protagonista femminile. Sui muri della sua città ci sono scritte che mirano solo alla diffamazione della ragazza, scritte prodotte probabilmente da parte di alcune sue compagne le quali, per invidia, la isolano e la insultano.
I compagni di classe dei protagonisti arrivano perfino a fare ricadere ingiustamente su Lorenzo, Blu ed Antonio la colpa di un atto vandalico. In questa occasione i docenti, che avrebbero dovuto parlare con gli interessati per cercare di fare emergere la verità, vengono meno al loro ruolo e scelgono il silenzio.
In conclusione Salerno, tramite un riso analitico, non solo ci ha fatto riflettere sulla nostra realtà, ma ci ha anche dato i mezzi per affrontarla. Secondo le sue parole, nel corso dell’adolescenza ci sono problemi piccoli che sembrano enormi ma anche situazioni critiche che rischiano di essere sottovalutate: in entrambi i casi esistono diverse soluzioni attuabili, se si ha la forza di non restare nel silenzio.
Se, quindi, avessimo bisogno di un confronto, anche in forma anonima, posiamo rivolgerci al Telefono Azzurro, al numero 19696: lì ci sarà sempre qualcuno pronto ad ascoltarci.
Matilde Gabbi