Sostanzialmente unica e irripetibile, come ognuno di noi, la poesia è stata per millenni una delle principali forme di espressione artistica. Così come l’essere umano, e così come l’arte figurativa, si è evoluta, arricchendosi durante il percorso di nuovi accessori, senza mai smettere di splendere di quella luce totalmente umana che è parte di noi. È nata come una inscindibile unione fra una maniacale precisione stilistica e metrica e un messaggio di fondamentale importanza per il poeta.
Quest’ultimo è sempre stato più che consapevole della forza della sua parola, e della profondità del suo insegnamento: Orazio, autore latino singolare, fu fra i primi ad affermare con fervore nell’ode III, 30 che la sua opera era più duratura del bronzo, più elevata delle piramidi, e che grazie ad essa lui non sarebbe mai morto, bensì sarebbe risorto ogni qual volta il suo nome veniva pronunciato nella storia; in poche parole, la chiave dell’immortalità. Questo pilastro della poesia oraziana ha viaggiato attraverso i millenni senza mai perdere la sua modernità, fino a giungere a essere parte integrante del programma scolastico italiano; lo stesso vale per il Carpe Diem dell’Ode I, 11, troppo importante per non essere condiviso con i posteri.

Se è il tempo il vero giudice, che tende a premiare coloro in grado di portare alla luce un contenuto mai pensato prima, a quanti altri poeti si può applicare questo principio? Nel caso del primo Novecento, l’innovazione è stata la ribellione di alcuni verso i canoni precostituiti con cui le poesie erano costrette alla perfezione retorica. Non una decisione fine a sé stessa, ma in seguito agli eventi storici che portarono a quello che Montale definì “animo informe”, ovvero non più inquadrabile fra parole matematicamente misurate. Ritroviamo questo concetto nella sua poesia Non chiederci la parola, da Ossi di seppia, 1925: “[…] / Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, / sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. / Codesto solo oggi possiamo dirti, / ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.”
Mano a mano che l’evoluzione poetica ha fatto il suo corso, sono arrivati ( o ritornati, visto che nell’antica Grecia la musica era parte della composizione poetica) alcuni accessori: l’accompagnamento musicale, dove l’importanza della metrica è stata ripresa, ma in maniera relativa: basta una pausa, una nota prolungata, che non è più necessario attenersi alle sillabe matematiche. Noi italiani vantiamo un patrimonio di cantautori/poeti molto ampio, come per esempio Fabrizio de André, Francesco Guccini, Luciano Ligabue; la musica è questione di gusti, ma il messaggio di alcuni di loro fa breccia in noi perché troppo forte per essere ignorato.
L’evoluzione però non è ancora terminata. Nella poesia 2.0, che è costituita dal rap, il contenuto è stato piuttosto abbandonato a sé stesso, lasciando spazio ad una metrica ferrea e ad una rima neanche lontanamente trascurabile, in quanto farebbe perdere musicalità alla canzone e di conseguenza bellezza. E’ la rima la vera essenza di questa forma d’arte, per cui spesso questi poeti moderni farebbero a pugni persino con il senso compiuto dei loro versi. Che possa piacere o no, questo è stato, dall’esplosione che ne è avvenuta agli inizi degli Anni ’90 fino ad oggi, la principale forma artistica di cui i giovani vogliono sentir parlare. Con l’avvento di internet e di nuove piattaforme sopra le quali è possibile farsi conoscere quasi in egual misura, come Youtube, la diffusione del messaggio, spesso trascurabile, non è più in mano all’artista, ma al pubblico, che nella maggior parte dei casi viene catturato dalla bellezza del video musicale, dalle figure femminili in abiti succinti costantemente presenti, piuttosto che dall’arricchimento morale che potrebbe trarre dal testo. Non si parla di un genere apprezzato da tutti quelli delle nuove generazioni, ma quello che è forse l’ultima tappa della poesia moderna prima dell’oblio della musica trap, che ha preso piede in Italia a partire dagli ultimi anni.
Forse tra un decennio tutto quello che rimarrà della poesia la si studierà al Liceo e nelle facoltà umanistiche, dove i pochi ancora affezionati al lato più umano e intimo dell’uomo avranno modo di trovare conforto… e il tempo di domandarsi su che cosa ed esattamente perchè tutto questo sia andato così storto.
Giorgia Zantei