Genitori iperconnessi & figli

“Spegni subito il telefono e vai a studiare!”, dicono i genitori di oggi ai figli.

cyberbullismo-imageLe chiamano native digitali, le generazioni che spendono ore e ore davanti a smartphone, tablet e pc, con l’unico risultato di avere arrossamento perenne agli occhi, mal di testa costante, una sostanziale dipendenza da Internet ed, infine, compiti costantemente non fatti. L’incremento dell’utilizzo di questo genere di strumenti ha fatto sì che i giovani di oggi non abbiano più una percezione concreta di quella che è la realtà, immersi come sono nel loro universo digitale. Una generazione inconcludente, superficiale ed incapace di rimboccarsi le maniche e darsi da fare. Forse una generazione di futuri nullafacenti. Disoccupati. Mantenuti. Parassiti.

Alt, stop. Riavvolgi il nastro, o meglio, ricarica la pagina.

Forse le cose non stanno proprio così.

Secondo una ricerca condotta da Eurispes, del 62% dei bambini italiani che possiedono un telefono cellulare, il 33% dichiara di averlo ricevuto in una fascia di età compresa tra i 7 e i 10 anni. Tradotto: se in Italia sei bambini su dieci possiedono un cellulare, di quei sei due lo hanno ricevuto tra i sette e i dieci anni (http://eurispes.eu/content/sintesi-indagine-conoscitiva-sulla-condizione-dell%E2%80%99infanzia-e-dell%E2%80%99adolescenza-italia-2012-0). Sorge spontanea una domanda: ma non sarà un po’ presto per un bambino di 8 anni e mezzo (di media) ricevere un telefono, soprattutto se esso dispone di connessione ad Internet?

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Di sicuro il piccolo sarà felice, potrà scaricare tutte le app desiderate, giocare on line, cercare su Google tutto ciò che lo interessa; e potrà vantarsene di fronte ai coetanei che lo ammireranno con rispetto.

cyberbullismo14aMa allo stesso tempo potrà diventare vittima di sexting, cyberbullismo, furto di dati personali, pedopornografia. E potrà anche illudersi che il valore delle persone dipenda dai loro possedimenti, dal loro reddito, dalla loro estrazione sociale.

Quindi, quanto ne vale la pena di comprare uno strumento così incredibile, ma allo stesso tempo così pericoloso, ad un bambino il cui unico dovere sarebbe quello di giocare a pallone nel parco con gli amici? Questione di buonsenso.

Se si parla, invece, di adolescenti, è doveroso sottolineare che, ad una certa età, i dispositivi sopra citati vengono ad essere necessari. La gestione degli strumenti digitali è da attribuire dunque al soggetto in questione, perché il genitore è tenuto a dotarlo di ciò di cui egli ha bisogno. Il discorso si sposta quindi su un altro asse: fino a che punto i genitori possono e devono intervenire sulle scelte dei figli adolescenti? Si dice che la responsabilità si raggiunga attraverso la libertà e l’esperienza.

Si è parlato di giovani e giovanissimi a contatto con le nuove tecnologie, tuttavia spesso e volentieri si dimentica una cosa: i primi ad abusare di esse sono proprio gli adulti.

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Dice il professor Francesco Tonioni, docente dell’Università Cattolica di Roma e responsabile del primo ambulatorio che si occupa di dipendenza da Internet e social network al Policlinico Gemelli: “La separazione è netta tra i nativi digitali e gli adulti. In questi ultimi sono chiari i segnali della dipendenza patologica che li porta a trascorrere in modo compulsivo moltissime ore su Internet, tra gioco online e siti pornografici. Negli adolescenti l’uso disfunzionale di Internet si configura come un nuovo modo di pensare e comunicare, ed il segnale principale della dipendenza non è il numero di ore passato davanti al computer, ma il ritiro sociale che spesso porta alla decisione di abbandonare la scuola.” (fonte http://www.ilgiornale.it/news/tecnologia/i-mille-volti-dipendenza-interneti-cyberbullismo-1106023.html).

 

Quindi, cari mamma e papà, non pretendete che vostro figlio smetta di giocare al telefono e vada a studiare, quando, tornando da scuola, vi vede per primi incollati allo schermo del vostro smartphone. Dare il buon esempio è il primo, importante passo per risolvere il problema della dipendenza da Internet.

Perché forse, in fondo, la colpa non è tutta delle nuove generazioni.

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