Virtù e Fortuna: Machiavelli, lo tsunami e il libero arbitrio

Siamo davvero liberi di agire e di scegliere il nostro futuro o esso è già scelto e determinato da forze superiori quali il caso o Dio? È già dalla prima filosofia greca che l’uomo si pone questa domanda, non trovando ad essa alcuna risposta certa. Ciò di cui siamo certi è altro: l’essere umano è portato, per sua stessa natura, a credere in una sua libertà personale e rigetta ogni idea che porti a limitarla. “Il fatto è che un mondo deterministico, che nega la nostra libertà, e dunque anche la moralità e la responsabilità, ci pare assurdo e paradossale, fino a rendere insensate le nostre ragioni di vita” spiega Massarenti nell’articolo de “Il Sole 24 Ore” del 22 maggio 2011 introducendo l’esperimento di Shaun Nichols. Quest’ultimo, studioso contemporaneo di filosofia sperimentale, ha infatti condotto uno studio, in seguito pubblicato sulla rivista Science, sulle idee dell’uomo riguardo alla possibilità di un mondo deterministico. Il risultato è stato chiaro: se il determinismo veniva posto come ipotetico ed astratto, i soggetti erano generalmente portati ad ammettere che esso negasse ogni tipo di libertà personale e di responsabilità; se invece veniva posto come reale, portando esempi concreti, i soggetti cercavano ogni modo, logico o meno, per dimostrare che vi fosse comunque libertà e dunque responsabilità ed esigenza di valori morali.

Machiavelli stesso, vissuto in un’epoca in cui, come detto dall’autore stesso nella sua opera “Il principe” del 1532, una concezione deterministica del mondo era comune alla maggior parte delle persone, rifiuta l’assenza di libero arbitrio. Egli, nel libro XXV dell’opera, si dichiara incline a questa concezione, definendo però subito dopo la sua vera posizione riguardo a questo tema. “Non di manco, perché el nostro libero arbitrio non sia spento, iudico poter essere vero che la fortuna sia arbitra della metà delle azioni nostre, ma che etiam lei ne lasci governare l’altra metà, o presso, a noi” spiega nell’opera. Il libero arbitrio dell’essere umano viene così definito come la possibilità di quest’ultimo di agire secondo virtù, e con ciò arginare la fortuna affinché, quando essa dovesse girarsi contrariamente a noi, non produca troppi danni. Su questo concetto di argine Machiavelli imposta una delle metafore sul rapporto tra virtù e fortuna divenute più famose: la metafora del fiume impetuoso. L’autore paragona la fortuna ad un fiume, uno di quei fiumi che quando esondano allagano le campagne circostanti, provocando danni e morti tra le popolazioni impreparate; la virtù viene invece accumunata all’azione del contadino previdente il quale, in periodi tranquilli, costruisce argini e canali per contenere la forza devastante del fiume quando esso dovesse esondare. Il libero arbitrio dell’essere umano è quindi, per Machiavelli, la possibilità di agire secondo virtù, in periodi in cui tranquillità e buona sorte ci permettano di farlo, per contenere i futuri effetti di un’ ”esondazione”.

È su questa concezione di dualismo tra virtù e fortuna che si basa la concezione Umanistico-Rinascimentale di libero arbitrio. L’uomo è infatti ritenuto in grado, dall’umanista Pico della Mirandola nel suo famoso trattato, di mutare sé stesso in relazione agli eventi che lo circondano ed è questa capacità che lo fa sopravvivere alla fortuna. Anche in questo caso si trova dunque una battaglia per la libertà personale: come Pico della Mirandola, anche Machiavelli, ne “Il Principe”, pur ammettendo un mondo i cui eventi sono controllati dalla fortuna, spiega come l’uomo, per sopravvivere e, in secondo luogo, vivere felice, debba adattarsi e cambiare sé stesso assecondando ciò che lo circonda.

Indipendentemente da una concezione deterministica o meno del mondo, l’uomo ha dunque bisogno di credere che le sue azioni possano influenzare lo scorrere della sua vita, che una morale corretta e tanta fatica possano portare a grandi risultati. Questa concezione di libertà, e quindi anche di responsabilità personale, derivante dalla consapevolezza della sua convenienza, è alla base di ogni società ed è indipendente dalla sua validità: l’idea di un mondo deterministico in cui le nostre azioni non possano cambiare lo svolgersi degli eventi porterebbe l’uomo ad abbandonare ogni ideale morale ed ogni attività che non porti piacere, conducendo al collasso ogni rapporto e, di conseguenza, la società.

Dà validità al ragionamento e speranza alla nostra concezione di libero arbitrio, almeno parziale, il caso della cittadina di Fudai. Piccola località di 3000 abitanti situata sulla costa nord-orientale del Giappone, è stata l’unica della regione a non essere stata devastata dallo tsunami dell’11 marzo 2011, seguito al terremoto di pochi giorni prima. “Come per miracolo non ci sono stati morti o danni grazie soprattutto all’ex sindaco Kotaku Wamura che, negli anni Settanta, fece costruire un gigantesco muro a protezione della cittadina” spiega il giornalista Burchia nell’articolo pubblicato il 14 maggio 2011 sul “Corriere della Sera”. Il sindaco infatti, noncurante delle proteste scaturite dal costo e dalla dubbia utilità del progetto, nel 1967 fece costruire un muro di 16 metri a proteggere la cittadina contro un possibile tsunami. Tutte le località vicine si affidavano a protezioni di minore entità e ciò fece inasprire ulteriormente le proteste dei cittadini contro il progetto. Il sindaco, nonostante ciò, portò a termine il progetto, per poi dimettersi. Oggi la cittadina, unica sopravvissuta, indenne in mezzo a località distrutte, trovate impreparate all’entità della catastrofe, onora il sindaco, ormai morto, considerandolo salvatore della città.

Il fiume è diventato un mare e gli argini sono diventati un enorme muro ma l’insegnamento di Machiavelli persiste: in questo caso la convinzione dell’uomo in una sua responsabilità nelle catastrofi ha salvato la vita di centinaia di persone; il fatto che questa convinzione sia corretta o meno non ci riguarda.

Matteo Mannis

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