Tutta colpa della polmonite. Una malattia, da oggi, è colpa.

11 settembre: è questa la data di un appuntamento cruento, di un memoriale per ricordare le vittime dell’attentato avvenuto quindici anni fa. Siamo nella metropoli di New York, “la grande mela”, e ormai accorrere al Ground Zero per la cerimonia è prassi -non solo per i cittadini-. Presidenti e candidati, infatti, presenziano all’evento: si spera con un sincero interesse e non per mero proselitismo. Quest’anno, oltre alle consuete frecce di fuoco tra i due concorrenti alla Casa Bianca (Hillary Clinton per il partito democratico/liberale, Donald Trump per quello repubblicano),  i due si fronteggiano anche all’ombra di una tragedia. E questa volta, possiamo dire che a perdere il match, come in una partita di football (a stelle e strisce), sia stata proprio Hillary.

Sì, perchè a causa di un malore avvertito durante la manifestazione, l’aspirante Presidente degli Stati Uniti è stata scortata via dalla sua assistente. Polmonite, da quanto riportano i media locali. E, neanche a dirlo, manna dal cielo per il suo avversario più accanito: ecco che Trump attacca nuovamente la Clinton per le presunte cagionevoli condizioni di salute, dando man forte a una voce rimbombante tra i tabloid statunitensi qualche mese fa. Quanto inciderà la polmonite della Clinton? Il primo punto da tenere in considerazione è che l’imprevisto sia avvenuto proprio un paio di settimane prima del confronto tv diretto dei due candidati; e tutto ciò a fronte di una crescita di elettori repubblicani. Il sistema americano presta, inoltre, un’attenzione accentuata per il candidato più che per il partito che rappresenta, ed è per questo che l’immagine e la vita di un aspirante leader è costantemente sotto i riflettori. Nessuna informazione è, infatti, di dominio privato: vita sentimentale, reddito, condizioni mediche, esperienze passate, sono dati in  pasto a Stampa ed elettori.

L’America degli hamburger e del Super Bowl vuole un rappresentante in forze, simbolo di grinta e tenacia: ecco, dunque, che una malattia può far perdere un’elezione. Non importa quanto si posseggano le skills per la presidenza, o quanto impatto si abbia sul pubblico. Se la vita non è sbandierata in pubblica piazza, allora agli Americans non sta bene. E’ accettabile pure un riccone un po’ razzista che a 70 anni indossa un parrucchino; ma noi siamo politically correct, e non facciamo nomi.

Benassi Elisa

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