Fotografia tra reale e virtuale

Il rapporto tra reale e virtuale? Ce ne parla Calvino, in un famoso racconto, L’avventura di un fotografo. Un certo Antonino Paraggi, un nome un programma, ha la mente del filosofo – non ci può fare nulla –  e lui, in ogni questione, deve andarci fino in fondo. E non riesce a spiegarsi la maniacale passione (o forse ossessione) che coglie i suoi amici, loro sposati lui scapolo: fotografare non ogni momento della loro giornata, ma scegliere quale di questi frammenti deputare al tempio del ricordo, della memore consapevolezza del futuro nei riguardi di ciò che è già stato e che mai sarà più se non in quelle fotografie, se non in virtù di esse.

“Mano con sfera riflettente”, M. C. Escher, litografia, 1935

 

Il problema risiede proprio nel mezzo che frapponiamo tra noi e il mondo: è proprio la fotografia stampata (all’epoca di Calvino, ovvero cinquant’anni fa), è la foto profilo di un social. Sono loro, le foto, scrive Calvino, ad insinuarsi tra le pieghe della realtà e ad impedirci di vivere per la realtà, ma in virtù della foto da scattare: «basta che cominciate a dire di qualcosa: “Ah che bello, bisognerebbe proprio fotografarlo!” e già siete sul terreno di chi pensa che tutto ciò che non è fotografato è perduto, che è come se non fosse esistito» (“L’avventura di un fotografo”, Gli amori difficili). Proprio di questo si tratta: qual è il rapporto che si inserisce tra noi, la realtà e le immagini che di essa ci restano? Forse per questa ansia del ricordo, questa premura di immortalare l’occasione, temiamo esattamente quello che Calvino prevedeva qualche decennio fa.

Sull’autobus, in treno, a scuola, al mare, montagna, scii, ciabatte, costume, braghette; mentre mangiamo, passeggiamo, baciamo, abbracciamo, posiamo, guardiamo, salutiamo…

 

"Selfie hole" a Dismaland park
“Selfie hole” a Dismaland park

 

Temiamo forse di non vivere abbastanza il presente e questa inquietudine ci porta paradossalmente a compiere ciò che cerchiamo di evitare: fotografiamo, fotografiamo, e ci restano solo le immagini, non altro. Non l’esperienza in sé, ma l’esperienza in virtù della sua rappresentazione.

Luca Cantoni 4 A

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