Il divertissement del Caso e della vana ricerca della Verità  

 

morte della piziaUn motivo per leggere Dürrenmatt… La morte della Pizia è un brevissimo racconto che merita la nostra attenzione: per la sua lucida capacità di smontare con piacevole ironia i colossi della mitologia greca; per la  profonda riflessione sulla condizione dell’uomo e sulla Verità, chimerica oggi come ieri.

La storia. Tutto inizia proprio dalla profezia della Pizia Pannychis: Edipo avanza, zoppicando, verso la voce dell’oracolo delfico. Ne è deriso, sì: Pannychis, personaggio ormai disincantato e irriverente, scoppia a ridergli in faccia proprio qualche istante prima di pronunciargli – ironia del caso – la fatale quanto celebre profezia “Tu ammazzerai tuo padre, tu andrai a letto con tua madre!”. Non inorridite. Non prendetela sul serio. Non come fece Edipo, almeno. Sì, perché lui, a differenza della Pizia, che aveva urlato come presa da smania divina il responso, inventato a casaccio, credeva negli dèi. E credeva che quel vaticinio fosse un responso divino. Proprio per questo, si affaticò, un po’ per sfida, un po’ per timore di Dio (o meglio degli dèi), affinché tutto procedesse liscio: in modo che tutto avvenisse secondo quanto le divinità superne avevano desiderato.

Forse, il senso…  Breve ma denso il groviglio che Dürrenmatt costruisce attorno alla figura di Edipo. Nel divertissement il mito è ridotto in macerie, come quelle dell’antichissimo santuario dell’oracolo delfico: il racconto non è aulico, il suo protagonista principale è presentato come un essere in totale balìa del caso, imperscrutabile quanto ineluttabile. Non gli dèi, non lo slancio eroico, ma è il caso a gestire tutto.

Nella società descritta da Dürrenmatt non c’è più etica: tutto ciò che rimane (o che c’è sempre stato?) è un cinico pragmatismo che governa la volontà umana, nonché l’appagamento del piacere. Edipo sapeva di uccidere suo padre pugnalando Laio; Giocasta sapeva, anzi voleva giacere con suo figlio, e così via.

John William Godward, L'oracolo di Delfi, olio su tela, 1899
John William Godward, L’oracolo di Delfi, olio su tela, 1899

La ricerca della verità a fatti avvenuti è sempre una dura sfida: Pannychis in punto di morte tenta di ricostruire la vicenda di Edipo, incorrendo in numerosi episodi tutti connessi tra loro quanto caotici e frenetici nel loro succedersi all’interno della narrazione. “Non c’è nessuno che dica tutta la verità”: è questa la conclusione che trae la Pizia morente, mentre ascolta le varie ombre di Meneceo, Laio, Edipo e Giocasta che si alternano per esporre la loro versione dei fatti. Ogni testimone rigira le carte in tavola, disorienta il lettore e la Pizia stessa, cambiando ogni volta la direzione al racconto, muta la prospettiva di osservazione. Ognuno sembra avere salda in pugno la propria verità, nessuno in realtà ne stringe tra le mani nemmeno un pezzetto. Quasi come se la Verità, intesa nel senso più assoluto possibile, non esistesse affatto, “resiste in quanto tale solo se non la si tormenta”– afferma, rassegnato, Tiresia . L’unica ombra che sembra rivelarsi – attenzione, sembra – la chiave di tutto è la Sfinge: “enigmatica e limpida”, non era un mostro, ma una splendida fanciulla condannata dal padre al culto di Hermes. È lei a lasciare l’impronta nella mente del lettore alla fine del racconto, è la sua immagine misteriosa a non chiarirsi: anche la verità che racconta sembra approssimativa. La Sfinge, la figura più enigmatica del groviglio, quella che proponeva alla gioventù di Tebe, in cambio della sopravvivenza, l’enigma, ci lascia con un altro enigma: quello che riguarda proprio la sua stessa storia, accrescendo ancor di più il senso di disorientamento.

Al termine del racconto due personaggi rievocano il senso dell’intera narrazione: è messo in scena il dramma di Edipo, un poveraccio come molti altri, per far risaltare il conflitto tra l’estremo razionalismo pragmatico, incarnato dal vecchio Tiresia, e l’irriverente quanto pessimistica rassegnazione al caso della Pizia.

Cosa possiamo trarre? Di certo non era l’intento dell’autore fornire risposte definitive. Una sola cosa: è inutile per l’uomo ricercare la verità, poiché, come in un fondale, appena il piede vi si addentra, si innalza un caotico vortice di illusioni e false certezze.

Luca Cantoni 4 A

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