Dai topi agli scimpanzé, un nuovo studio sul Toxoplasma gondii

Un nuovo studio ha ipotizzato che Toxoplasma gondii sia capace di manipolazione ospite-specifica, modificando la reazione di mammiferi diversi di fronte ai loro predatori principali: questo implicherebbe che il parassita possa attuare il suo meccanismo non solo con i roditori ma anche con mammiferi più complessi come i primati.
Sappiamo tutti che se un topolino è stato infettato da Toxoplasma gondii ( il parassita responsabile, appunto della toxoplasmosi), una volta percepito l’odore di urina felina, si precipiterà dritto tra le fauci del predatore.
Questo comportamento suicida è dovuto proprio al toxoplasma: il parassita è presente in un gran numero di mammiferi ma può completare il suo ciclo vitale solamente nell’apparato digerente del gatto. Se finisce all’interno di un topo oppure di un ratto è capace di compromettere in modo permanente i processi chimici del cervello del roditore, portandolo a reagire all’odore di gatto con qualcosa di più simile all’eccitazione sessuale che alla paura.

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Cosa succede però se cambiamo le specie di infetto e predatore con animali più complessi e grandi ? È quello che ha voluto sperimentare Clémence Poirotte del Centre d’Ecologie Fonctionelle et Evolutive di Montpelier.
Per fare ciò si è recata in un centro di ricerca sui primati del Gabon, e ha lavorato con 33 esemplari adulti di scimpanzé in cattività, nove dei quali infettati da toxoplasma. Una volta sparse tracce di urina di leopardo nei recinti in cui vivevano gli scimpanzé, ha scoperto che quelli infetti la esaminavano più spesso. Altre ipotesi che potrebbero spiegare questi strani comportamenti sono: “una temerarietà preesistente”, oppure un’infiammazione del cervello ( effetto collaterale dell’infezione). Tuttavia queste ipotesi non riescono a spiegare perché gli scimpanzé reagiscono specificamente all’odore dei leopardi, loro predatori naturali, ma non all’odore dell’urina umana (noi non siamo ospiti finali vantaggiosi per il toxoplasma) né a quella delle tigri (che non vivono in Africa) o dei leoni (che non cacciano scimpanzé).

Se fosse davvero così, il parassita sarebbe capace di una manipolazione ospite-specifica e di alterare il comportamento dei diversi mammiferi in relazione ai loro predatori principali, anche se per ora sembra una conclusione precoce su uno studio che, con un campione così piccolo di scimpanzé, potrebbe avere risultati dettati dal caso.
Non è da escludere che il parassita sia in grado di manipolare anche il nostro comportamento, ma nessuno è ancora riuscito a dimostrarlo con certezza. Una persona su tre al mondo ospita Toxoplasma gondii e alcuni scienziati hanno suggerito che sia in grado di influire sulla nostra personalità, aumentando il rischio di schizofrenia; questi effetti potrebbero essere l’eredità dei nostri antenati preistorici che venivano cacciati dai grandi felini e verso i quali il toxoplasma poteva trarre un beneficio manipolandone il cervello.
Per ora le evidenze a sostegno dell’effetto sugli umani sono inconsistenti, ma sarebbe davvero interessante riuscire a scoprire e provare con certezza un legame tra i parassiti e alcuni comportamenti bizzarri o malattie mentali umane.

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