Ebbene sì “la più grande follia dei mortali” è proprio la passione amorosa. Bradamante di Calvino e Orlando di Ariosto percorrono sottobraccio la strada della “follia amorosa” con andamento differente: quello di Bradamante è sicuro e deciso, mentre quello di Orlando è vacillante e insicuro. Bradamante, infatti, utilizza il proprio ingegno per difendere la luminosità della sua ragione dall’oscurantismo della follia, mentre Orlando, piegato dal suo desiderio, rimane accecato dalla furia della passione amorosa. Non a caso Bradamante si rifugia in un convento, considerato fin dall’antichità come un luogo di protezione dalle passione terrene, sfuggendo così dalla morsa della follia; a differenza di Orlando che, sicuro della propria incolumità dovuta alla sua armatura, rimane dilaniato e torturato dalla forza devastante della passione. La passione che travolge Orlando, lo porterà alla perdita non solo del raziocinio ma anche della sua umanità, trasformandolo in bestia. Orlando, infatti, nel momento in cui raggiunge l’apice della sua bestialità, perde completamente il proprio titolo di cavaliere senza macchia ( lo avreste mai immaginato?) e fa divenire la sua spada uno strumento di disonore attraverso cui dà sfogo alla sua pazzia. Orlando, così, si abbassa alla corruzione del mondo che si traduce in avvilente realtà; realtà che invece viene destreggiata molto bene da Bradamante che mostra, sia nel Cavaliere Inesistente sia nell’Orlando Furioso, notevoli abilità di guerriera ( sconfigge Sacripante nel Furioso e volge al meglio lo scontro tra Rimbaldo e i guerrieri saraceni nell’opera di Calvino).
Come si sarebbe sentito Orlando a sapere che una donna, Bradamante, si è rivelata più virile e più forte di lui? Ariosto, dunque, diventa un precursore dell’emancipazione femminile. È un concetto che appare secoli dopo nell’epoca di Calvino, nella quale si stava combattendo un’importantissima lotta per i diritti sociali.
Calvino, in conclusione, può ritenersi un Ariosto più moderno?