Sono trascorsi più di centocinquanta anni da quando Hayez espose per la prima volta il suo capolavoro, Il bacio, e ancora oggi migliaia di persone continuano a visitare le mostre a lui dedicate. Il motivo è semplice: nessuno è riuscito a trasporre meglio sulla tela le passioni umane. Cresciuto negli ambienti accademici veneti e romani, Francesco Hayez (Venezia, 1791 – Milano, 1882) si inserisce in quel movimento culturale che prese il nome di Romanticismo, di cui divenne il maggior esponente in Italia. Cercando sempre di affiancare alle grandi committenze una produzione innovativa che riflettesse veramente l’uomo, l’artista veneziano riesce a condensare in quadretti di modeste dimensioni tutta l’emotività del momento mantenendo al contempo un livello tecnico elevatissimo e precedendo quella che sarà la fotografia di trent’anni. E Il bacio non può che essere la massima espressione di questa sua abilità. Su uno sfondo quasi monocromatico Hayez esalta la passione dei amanti ritraendoli in pose naturali e riuscendo egualmente a trasmettere la passionalità dell’atto. La fortuna di questa opera, che per ironia della sorte lui ritenne sempre minore, fu fin da subito enorme e l’immediata immedesimazione d’ogni spettatore nella scena non fece che confermarla. L’inserimento d’un velato messaggio patriottico non fece che accrescere la fama dell’opera, anche se la codifica non risultò essere troppo criptica poiché a distanza di pochi anni l’intellettuale Francesco Dall’Ongaro definì l’opera ‘il bacio del volontario’. La dualità del messaggio e l’estremo realismo che accompagnò sempre la produzione di Hayez fecero sì ancor oggi Il bacio e i suoi coevi siano ritenuti dei capolavori di rara bellezza e l’universalità del messaggio hanno permesso a generazioni di persone di poter emozionarsi di fronte a queste tele.
Alessandro Contini 4D