Pari (scientifiche) opportunità?

Perché nel 2017 abbiamo ancora bisogno di un gender day per parlare di stereotipi e pregiudizi in ambito scientifico?

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Partiamo da qualche dato e dalle riflessioni scaturite dal convegno di Roma, Italian Gender in Physics Day, presso l’aula convegni del CNR, a cui abbiamo appena partecipato: la percentuale di laureate in fisica si è assestata negli ultimi 10 anni in Italia attorno al 30% e da allora ha subito solo lievissime variazioni, statisticamente non rilevanti. Studi divulgati su Science mettono in evidenza che la perdita di fiducia in sé e nelle proprie capacità o possibilità per le ragazze prende avvio in realtà proprio nella scuola. Una delle difficoltà evidenziate però non sembra legata a metodi o didattica, o all’approccio della scuola stessa, ma a fattori socio educativi che proprio in questa età iniziano a prendere il sopravvento. Le ingerenze educative, le pressioni sociali e mediatiche divengono col passare degli anni sempre maggiori, portando le ragazze a perdere di fatto, spesso inconsapevolmente, la libertà di scelta. Non sono le  difficoltà effettive che frenano le ragazze, quindi, ma la mancata presa di coscienza delle proprie reali possibilità.

Ecco quindi che gli studi e le attività che le scuole possono svolgere hanno lo scopo principale di sviluppare questa consapevolezza: le possibilità ci sono, le difficoltà anche. In un paese come l’Italia si evidenziano soprattutto difficoltà legate alla cura della famiglia, per cui le donne rimangono indietro nel ciclo produttivo della ricerca ogni qualvolta mettono su famiglia o hanno dei figli, oppure si ritrovano con compiti di accudimento delle persone anziane della famiglia.

Uno studio Microsoft svolto su 12 paesi ha messo in evidenza un andamento altalenante nel gradimento e interesse della disciplina a livello statistico; all’avvio della preadolescenza  accresce l’interesse verso le materie scientifiche e la tecnologia, per poi calare dopo i 15 anni. Il calo corrisponde alla presa di coscienza della mancanza di pari opportunità lavorative, della necessità di viaggiare e muoversi e le difficoltà legate alla cura della famiglia; la ragazza quindi non vede il proprio futuro come STEMgirl e opta per scelte più tradizionali.

Si veda qui l’articolo relativo.

Apparentemente la mancanza di modelli femminili di riferimento sembra determinante, infatti molte delle donne che hanno successo in ambito STEM hanno generalmente (ma non sempre) raggiunto questi risultati più tardi o rinunciato ad una famiglia tradizionale. Il 63% delle ragazze e donne intervistate ha dichiarato che vorrebbe un maggior incoraggiamento da parte di donne che lavorano in questo ambito e il 60% lo vorrebbe da parte delle proprie insegnanti.

“Emerge chiaramente che la disuguaglianza di genere nei settori STEM è una preoccupazione per il futuro di tutti. Abbiamo una finestra temporale di circa cinque anni per intervenire efficacemente. È allarmante che l’ottimismo delle nostre giovani, così come l’originario interesse per gli studi tecnico-scientifici sia drasticamente temperato da un realismo che, seppur nella consapevolezza di avere il potenziale per fare qualsiasi cosa, le porti a scelte più conservatrici e a perdere le opportunità derivanti dall’innovazione tecnologica”. Così ha commentato Paola Cavallero, Direttore Marketing & Operations.

A livello degli ambienti lavorativi e della ricerca, si osservano due differenti gap: una segregazione orizzontale, per cui poche sono le donne che si rivolgono a questo ambito lavorativo (scientifico-tecnologico) e una segregazione verticale, ossia la percentuale di donne nei ruoli minori è sempre maggiore della percentuale in ruoli di direzione o responsabilità.

Fra gli importanti relatori che abbiamo ascoltato,  ci hanno colpito le parole di C. J. Vinkeburg: uno degli scogli più difficili da superare risiede nel preconcetto presente in moltissimi, ragazze e ragazzi, secondo il quale in alcune discipline è necessario un talento originale che poi si può affinare e sviluppare, ma senza il quale non è possibile procedere. Anche Oretta Di Carlo del INFN, riportando le attività del Gender Lab in Science & Technology, ha sottolineato che in Italia, più ancora che in altri paesi, occorre un cambiamento radicale, un passaggio dalle regole alle persone, dalle leggi alla formazione. Occorre perciò smettere di cercare regole e leggi che possano risolvere questo problema e cominciare a informare ed educare in modo corretto a partire dalla scuola primaria, docenti, alunni e genitori, pervenendo ad un cambiamento del pensiero e del modo di vedere il mondo.

Ed è proprio su questa strada che si situa l’incontro “Ragazze, parliamone” di STEM&girls del 15 maggio al liceo Bertolucci, per far sì che le ragazze possano prendere consapevolezza della presenza di questo gap, e poi   riflettere sulle possibile cause e sulle possibili modalità di affrontarlo e fronteggiarlo.img-20170517-wa0066

Abbiamo invitato quattro “scienziate”: Anna Maria Capelli, una chimica che dirige progetti di ricerca alla Chiesi Farmaceutici SpA; una matematica, Giada Rizzi, che elabora dati statistici per validare i farmaci dopo la sperimentazione in una ditta di Lugano; un’ informatica che insegna al Bodoni, Nicoletta Rossi, l’animatrice digitale della sua scuola a lungo programmatrice nel settore privato; una fisica, Patrizia Angelotti che, dopo aver lavorato nel settore qualche anno, ha fondato una propria ditta nella quale mettono a punto simulatori per l’ambito medico. Quattro storie diverse per dirci che si può e quindi si deve considerare anche questo sbocco professionale.

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All’incontro hanno partecipato 40 ragazze e ragazzi del liceo, un folto numero di docenti, una delegazione di giovanissime studentesse della Fra Salimbene con la loro docente di matematica e una docente della primaria J. Sanvitale in rappresentanza di tutta la sua scuola che partecipa al progetto STEM&girls finanziato da Chiesi.

L’incontro è stato introdotto dal dirigente scolastico Tosolini che ha chiarito la missione di formazione alla cittadinanza del futuro e l’importanza dell’assunzione di responsabilità della scuola di fronte alle problematiche di genere. All’inizio del dibattito è stato anche proiettato il video vincitore del concorso “Donne e ricerca in fisica”.

“Il cambiamento dipende da tutti noi, nessuno può esimersi dal considerarla una propria responsabilità” (Maria Rosaria Masullo).

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a cura di Silvia Monica

 

Donne e ricerca in fisica: stereotipi e pregiudizi di genere” ha raccolto le adesioni di studenti e scuole da tutto il territorio nazionali, arrivando ad un numero di 150 partecipanti. E questo è il video in cui abbiamo ottenuto il III posto ex aequo al concorso

 

 

 

 

 

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