IL RIFLESSO DELL’ANIMA: UNA FOTOGRAFA RITROVATA

Nella straordinaria vita di Vivian Maier, ricostruita da John Maloff dopo aver acquistato un box messo all’asta a Chicago  con all’interno un intero archivio di foto, filmati e una quantità incredibile di rullini non sviluppati, troviamo la storia di una donna libera e complessa, ma soprattutto di una vera artista del ventesimo secolo. I suoi scatti sono rivolti verso l’umanità nelle sue infinite sfumature. Le immagini appaiono semplici, non ricercate: non c’è un appostamento professionale dell’attimo magico da immortalare, ma più uno spontaneo cogliere momenti e incontri del suo percorso quotidiano.

Vivian Maier era una bambinaia, una donna come tante, una di quelle che si siede accanto a noi sul tram, o al cinema, che incontriamo per strada o su una spiaggia, e che non noteremmo se non avesse appesa al collo la sua preziosa Rolleflex che le cade sul petto, o meglio sul cuore.
È questa, penso, la chiave della complessità artistica e umana della sua figura: la continua dissociazione tra il guardare il mondo con gli occhi e scattare con il cuore.
Le sue foto appaiono semplici e spontanee ma nascondono un grandissimo senso estetico. Il suo muoversi è delicato e discreto ma continuamente dinamico, finché non raggiunge l’inquadratura che rivela la natura di una grande artista. Rivolta quasi sempre verso le figure umane, le modella interiormente riconsegnando alle stesse un armonia con l’intero paesaggio. Ogni parte dei suoi personaggi si completa con l’insieme: un braccio parte perfettamente nell’angolo inferiore sinistro e si slancia verso quello superiore destro ma si spezza incontrando la figura e lo spazio è magicamente tripartito. Linee orizzontali di paesaggi, di ringhiere, inferriate che dividono gli spazi inquadrati in tre parti, come sezioni auree.

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Ad accentuare la sua complessa personalità sono i suoi autoritratti che non si danno mai direttamente ma sempre attraverso un gioco di rimandi speculari (di specchi, vetrine, pomelli metallici, ombre) che ritraggono l’artista che guarda e si guarda. È l’artista che cerca se stessa nelle figure ritratte, ovvero nella gente comune.
Forse tutti quegli scatti che non ha mai sviluppato possono essere associati alla musica di Beethoven, che sordo, scrisse e suonò musica. Tutte quelle immagini, che noi vediamo e che Vivian Maier non ha mai visto, sono il luogo dove lei ha deciso di abitare.

Elena Fanti

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